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So che questo articolo non c’entra nulla con TECHECONOMY ma per chi è ancora sotto shock e ha bisogno di esorcizzare le paure, scrivere qualcosa fuori dal contesto, serve.
Ci si rende conto, in questi frangenti, come la tecnologia conti poco. Madre natura, quando decide di darsi una “grattatina alla schiena” o di lasciarsi andare ad uno “starnuto” di certo non si degna di controllare cosa c’è intorno a lei. E ne ha tutte le ragioni.
Ci si rende conto di essere piccoli e indifesi. Sembriamo formiche che scappano dal formicaio distrutto, all’impazzata, senza un disegno preciso, presi dal panico e incoerenti nelle paure. Ci si rende conto di quanto valore abbia in realtà quello che possiedi, nulla, meno di nulla. Non possiedi nemmeno la vita che ti è stata sì donata ma è come presa in prestito da Madre Natura, che se la riprende come e quando vuole.

In questi momenti, soprattutto nel post-terremoto, tutto ti scivola addosso. E’ uscito un nuovo smartphone della Samsung? E chi se ne frega. Se hai un telefono scalcinato che però funziona è già tanto e lo tieni stretto con forza. Ognuno di noi una volta nella vita dovrebbe vivere una esperienza di questo genere per rendersi conto della futilità delle cose di cui ci circondiamo. Perchè in fondo, parliamoci chiaro, quando ne esci, apprezzi ancora di più tutto quello a cui non hai mai fatto caso, per stupidità, cecità o ignoranza.

Dopo lo shock però arriva la consapevolezza e questa può essere brutale. Puoi accorgerti che sei solo contro tutti. La gente non capisce, ti guarda con pena ma continua a non capire. Difficile infatti comprendere che tu è un mese che dormi fuori casa tra pidocchi umidità e caldo asfissiante e ritornato a casa, finalmente, perchè sei tra quei fortunati che non ha subito danni, in realtà dormi vestito sul divano in salotto pronto alla fuga al minimo rumore oppure non sopporti più le porte chiuse o di rimanere solo in una stanza. Perchè vedete, subire un terremoto stando in casa non è orribile come subirlo stando in casa e poi subirlo di nuovo stando fuori a poche ore dalla prima scossa e dalla seconda. 4 forti scosse hanno colpito l’Emilia, una delle zone a più alta densità d’impresa d’Italia. Vedere palazzi che si contorcono come fogli di carta oppure le onde sismiche sull’asfalto di una strada mentre la tua auto sobbalza da ferma come un triciclo è terribile. E’ terribile sentire il rumore di questa bestia, sordo, inesorabile e gorgogliante che poi esplode in tutta la sua violenza lasciando il caos distruttivo intorno. Le urla della gente, i vetri che si rompono, lo stridere dei muri delle case, tutto concorre a riempirti il cervello di paura e di rumore. Dopo la scossa un silenzio di morte ti lascia senza fiato. Si rimane davvero senza fiato, come si si fosse appena corso una maratona.

Non passerà una vita intera per dimenticare …. Ma la consapevolezza arriva …

La consapevolezza arriva quando vedi che tutto è lasciato al caso, alla volontà di tanta gente di buon cuore ma che può fare quello che può. Non esiste un ordine, non esiste un vademecum, non esiste qualcuno che davvero può aiutarti. Se sei tra quelli che han perso casa con tutto ciò che conteneva, la disperazione è profonda. A differenza di ciò che emerso dalle notizie sui giornali e sui telegiornali gli sfollati sono arrivati fino a quasi 100 mila. Intere frazioni di comuni disastrati sono stati tagliati fuori da ogni collegamento e da ogni aiuto e la popolazione ha dovuto arrangiarsi da sola. La demenza disorganizzativa dell’amministrazione pubblica ti entra in tasca, sì, in tasca e ti toglie quel poco che hai salvato: la dignità. Non sapere dove andare, non è una cosa da poco. Quando perdi il tuo punto di riferimento primario (la casa), il disorientamento ti rende apatico. Stai lì e forse, amaramente sorridi ma in realtà dentro stai piangendo.

La domanda oggi è, domani? Cosa sarà? Quanto ci vorrà per rimettere in piedi tutto questo? Chi pagherà? Ma soprattutto, c’è chi si chiede e sono tanti, ma io devo per forza rimanere qui? Così si somma la tragedia alla crisi e si decide di andare via, tanto di valige non ne hai poi tante. Ma la domanda più forte, per chi rimane qui è: e adesso?

Perchè è l’adesso di cui la gente ha bisogno. Il domani se lo potrà assicurare e costruire solamente se adesso è messa nelle condizioni di farlo. Se non adesso, quando?

E qui la consapevolezza diventa rabbia sorda. Ti rendi conto che l’adesso è troppo presto. Lo Stato o chi per lui non è organizzato per l’adesso, non ha le risorse necessarie. Adesso è presto, adesso non serve, adesso c’è altro da fare, adesso stai in tenda sotto il caldo cocente a sorbirti la noia, il caldo, i pidocchi, le zanzare e la puzza di sudore.

Amo questa terra profondamente, la amo, la stimo ed è parte di me. Adesso!

 

SCRITTO DA Andreas Voigt

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