Il problema poi di tutta questa nuova economia, del marketing via web, degli influencer, delle pagine sui social è uno solo, cioè l’eterna domanda che l’imprenditore o il dirigente d’azienda si pone quando deve decidere un investimento: sì, ma poi rende?
Perché stiamo tutti qua a parlare, ad alfabetizzarci, a dirci in diecimila convegni che siamo pionieri di una nuova frontiera, sperimentatori del nuovo, esploratori dei confini ancora vergini. Poi c’è sempre però l’imprenditore vecchio stile, o il semplice curioso fra il pubblico, che alza la manina e chiede: «Sì, ma poi rende?» E lì ci sono molti modi per rispondere, che vanno dal più soft al discretamente fumoso, ma sostanzialmente dicono tutti la stessa medesima cosa: «Ancora no.»
Tranne rare, rarissime eccezioni (quasi tutte legate a colossi che vengono dall’estero) in Italia, almeno per ora, il marketing web non tira. I millemila like sulla pagina, i centinaia di followers su Twitter (anche quando sono reali e non comprati a pacchi) sono lì, seguono il marchio, magari commentano pure. Ma poi trasformare quei like e quei followers in gente che fisicamente si presenta in negozio, o anche nello store sul web e compra è ancora in larga parte
fantascienza, qualsiasi sia il campo d’azione dell’azienda. Lo sanno bene i giornali, che hanno milioni di seguaci nel web, ma poi non vendono un numero di copie, virtuali o cartacee, nemmeno lontanamente simile a quello dei fan registrati; lo sanno le aziende, che hanno pagine facebook ben fatte, ma negozi vuoti.
Il fatto è che quando si dice che il web è ancora una frontiera inesplorata e chi ci lavora è un pioniere dice il vero. Ma dei pionieri si tende sempre ad avere l’immagine romantica e ottimistica che ce ne ha dato il cinema hollywoodiano: quello in cui i poveri sfortunati pionieri sopportavano sì prove durissime, ma poi alla fine venivano ricompensati immancabilmente dalla felicità e dalla ricchezza.
Quello che il film non dice, o meglio dice, ma in modo che sembri un particolare secondario e di importanza relativa, necessario allo sviluppo della trama, è che di cento che partivano, solo quattro o cinque arrivavano vivi alla meta, e di quelli uno, al massimo due, facevano davvero fortuna. Perché il pioniere è romantico, è eroico, è bello, ma è anche un tizio destinato nella stragrande maggioranza dei casi a morire povero dopo una vita di stenti. Startappari compulsivi, imprenditori del web e aspiranti guru dei social questo lo devono ben sapere, ed esserne consci. Di mille idee che proviamo, anche ottime sulla carta, quelle che sopravviveranno saranno sì e no una o due, e non è detto che quelle riescano a fare i soldi. Perché siamo pionieri, appunto, e ci muoviamo in territori che sono ancora inesplorati: le mappe sono poche ed incerte, le reazioni degli abitanti (nativi o indigeni digitali) sono ancora sconosciute.
Quindi si prova, con grande entusiasmo, con grande voglia di buttarsi e sperimentare: ma come tutte le sperimentazioni, la maggior parte delle intuizioni si dimostreranno fallimentari.
L’imprenditore, il dirigente che si avvicina al mondo di internet da novellino e deve decidere se investirci o meno questo lo deve sapere: che non esistono formule magiche, ma soprattutto che per ora non ci sono ancora nemmeno coordinate e prassi così certe. Per cui non si possono in molti casi, se non in via ipotetica, promettere ritorni immediati o grandiosi, perché il mercato ancora sta nascendo, il pubblico si sta facendo una idea delle novità, e persino gli esperti del settore stanno ancora cercando tecniche e modalità.
Quindi, in sostanza, rende investire? Per ora non ancora molto, persino quando lo si fa bene: il processo è lento, il terreno scivoloso, e i pionieri, proprio perché pionieri, non è detto nemmeno che arrivino vivi alla fine del viaggio. E tuttavia bisogna farlo, perché internet non è una moda passeggera, è una svolta epocale: è come le caravelle di Colombo finanziate dal Re di Spagna. Non era in grado di garantire al Re, Colombo, che sarebbe davvero arrivato da qualche parte, e non capì nemmeno bene dove era sbarcato. Gli Spagnoli ci misero decenni a capire come sfruttare le nuove terre, e poi gli Inglesi, anche se arrivati dopo, ci riuscirono assai meglio. Tuttavia se il Re si fosse affidato ai dotti di Salamanca, o non avesse rischiato perché il successo non era certo, non avrebbe finanziato le caravelle e l’America non sarebbe mai stata scoperta.
Quindi no, per ora investire in internet e nel social marketing forse non ha ancora tutto questo ritorno immediato, e non è nemmeno certo che lo abbia in un vicino futuro. Ma l’America è là, caspita, non si può restare fermi al porto sperando che le caravelle affondino mentre le si guarda partire, come un qualsiasi dotto di Salamanca intronato.