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Chiedete a un pendolare o a qualcuno che usa quotidianamente i mezzi pubblici quale sia la cosa che lo fa inferocire di più: nove su dieci vi risponderà una cosa tipo “non sapere cosa sta succedendo esattamente quando c’è un guasto o un disservizio”. C’è qualcosa di profondamente esasperante nello stare seduti in un treno che è fermo da venti minuti in mezzo al nulla o in un vagone della metropolitana bloccata in una stazione… senza sapere il perché. Non è voler essere rompiscatole, giuro. È più che altro necessità di capire se devo pensare a un piano B per arrivare a casa o in ufficio.

In caso di eventi eccezionali come scioperi, guasti improvvisi o congiunzioni astrali avverse, poi, la situazione è ancora più intricata: l’irrequietezza dilaga, la gente si arrabbia, mezze notizie si mescolano a false supposizioni e il risultato è che si è sempre su quello stesso vagone fermo come un paracarro. Così, tutte le volte che un’azienda di trasporti pubblici apre un account su Twitter per diffondere notizie in tempo reale e permettere ai passeggeri di comunicare tra loro, i più accolgono la novità non dico con entusiasmo, ma con sollievo. E quasi automatico scatta il follow, nell’ingenua speranza di sapere sempre tutti i perché e i percome del caso.

Dall’altra parte della chiocciola, c’è un admin che non solo deve sapersi interfacciare con la sala operativa, fornire notizie tempestive e aggiornate e capire tutti i perché e i percome del caso, ma che deve essere anche capace di dialogare con gli utenti che sono, allo stesso tempo, utilizzatori sia del social che del mezzo di trasporto.

Ammettiamolo: chi gestisce un servizio di news relativo alla viabilità della rete pubblica deve essere molto, molto zen. Perché quando la metropolitana non va o i treni accumulano ritardi biblici un utente che twitta qualcosa all’azienda dei trasporti pubblici non è esattamente rilassato e pacioso. E, a quel punto, il lavoro dell’admin si fa sempre più complicato.

Complicato come il compito di chi c’è dietro a @metrotrains, l’account ufficiale della rete della metropolitana di Melbourne, in Australia, che nei primi giorni di gennaio ha dovuto far fronte a una situazione di vera emergenza. Una serie di lavori di manutenzione ha portato al completo sconvolgimento di orari e tratte di percorrenza: si tratta di una situazione “straordinaria” particolarmente difficile da gestire su un social media, dal punto di vista operativo quanto da quello più emotivo, specialmente se a twittiare non sono solo gli addetti ai lavori, ma anche gli utenti stessi.

Rod Swift è un utente di Twitter e un utente della metropolitana di Melbourne. Un po’ scocciato dal disservizio ma ansioso di poter comunicare la sua parte di informazioni, comincia a twittare a @metrotrains descrivendo cosa sta succedendo sulla sua tratta, i ritardi, le fermate saltate e via dicendo. Il contenuto dei suoi tweet è indubbiamente utile per gli altri passeggeri e il fatto che vengano fatti convogliare su un account ufficiale permette a tutti, almeno in linea teorica, di poter accedere a tali informazioni. Anche se queste informazioni sono condite da qualche espressione di disappunto un po’ troppo colorita.

Fin troppo colorita per l’admin di @metrotrains che decide di… bloccare il signor Swift, impedendogli quindi non solo di poter continuare a inviare tweet all’account, ma anche di leggerne gli aggiornamenti e le notizie, tagliandolo fuori dagli aggiornamenti come cliente e non soltanto come utente.

Soluzione legittima o provvedimento un po’ troppo severo? Dal canto suo Swift ha obiettato che bloccarlo non è servito né a farlo smettere di twittare informazioni utili, né a farlo desistere dal metterci qualche frase un po’ rude. Oltretutto, come utente dei mezzi pubblici di Melbourne, si è visto sottrarre una parte di servizio che, se proprio vogliamo essere pignoli, sarebbe compreso nel biglietto della metropolitana.

Considerato che i tweet sono sì polemici ma per niente fuori luogo e che soprattutto finché non vengono retwittati questi non compaiono dello stream di @metrotrains, verrebbe quasi da pensare che il ban di Swift sia stato dettato più che altro dall’esasperazione dell’admin che non da una reale violazione della nettiquette.

Quindi, quando è giusto bannare? Probabilmente non in un caso come questo: al netto di qualche insulto, Swift stava comunque facendo un report piuttosto preciso di quello che stava accadendo quella mattina sulla sua linea, un servizio tanto utile a Metro Trains quanto agli altri passeggeri. Inoltre, all’utente/cliente è stata preclusa la possibilità leggere le news o di segnalare emergenze o disservizi. Ovvero di fare quello per cui l’account è stato creato.

Avere a che fare con gente irritata purtroppo, fa parte del gioco: quando qualcuno twitta all’azienda dei trasporto locali nove volte su dieci è per lamentarsi di qualcosa, non per ringraziare dello splendido lavoro svolto. Fa parte del lavoro dell’admin cercare di capire quando qualcuno ha passato il segno o sta semplicemente cercando di far fronte a una situazione scomoda.

Lesson Learned: Un’azienda che decide di usare Twitter per fare comunicazioni di servizio in tempo reale deve prepararsi a interagire con tanti follower diversi e, a volte, piuttosto arrabbiati. Bannare per censurare eventuali frasi rudi non sempre è una buona soluzione.

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