
Abbiamo presentato il metodo scientifico come motore del progresso, come elemento cardine che guida il percorso razionale della ricerca e dell’innovazione. Ma, come ogni grande impresa umana, anche la scienza ha il suo lato oscuro. Sì, parliamo proprio di quello che nessuno vorrebbe vedere: la frode scientifica. Sembra paradossale, ma anche nella comunità che più di tutte dovrebbe essere devota all’altare della Verità, ogni tanto qualcuno bara. E non stiamo parlando di errori in buona fede, ma di vere e proprie frodi.
Gli scienziati barano?
Le statistiche non sono confortanti. Secondo uno studio del 2009 pubblicato su PLoS ONE, circa il 2% degli scienziati ammette di aver fabbricato, falsificato o modificato i dati almeno una volta durante la propria carriera. E attenzione, non è finita qui: un ulteriore 9% degli scienziati ha dichiarato di conoscere colleghi che hanno commesso frodi scientifiche. Ciò si traduce in circa 2.000 articoli scientifici fraudolenti che vengono pubblicati ogni anno. Questo significa che tra quelle pubblicazioni che leggiamo con fiducia su riviste scientifiche autorevoli, alcune contengono dati inventati di sana pianta.
Le tre categorie di frode scientifica
Il mondo della frode scientifica è, purtroppo, vario quanto quello della scienza legittima. Le frodi possono essere suddivise in tre principali categorie:
• Invenzione completa di dati o risultati – Qui siamo di fronte a creativi senza scrupoli. I dati non esistono, l’esperimento non è mai stato fatto, ma l’articolo viene comunque scritto, accettato e pubblicato. È come se uno storico pubblicasse un saggio pieno di eventi mai accaduti.
• Falsificazione o alterazione di dati o risultati – Questa è una pratica più sottile. L’esperimento c’è stato, ma i dati sono stati manipolati per ottenere i risultati desiderati. Magari si eliminano quei dati che non rientrano nella teoria preferita, o si aggiustano un po’ i numeri, oppure si tarocca l’esperimento in modo da dimostrare quello che si vuole. È una sorta di trucco delle tre carte, ma con la scienza.
• Plagio: Rubare idee, dati o interi articoli da altri scienziati senza riconoscerne il merito – Qui la scienza è genuina, ma è l’autore che è farlocco. Immaginate di lavorare duramente su una ricerca e poi vedere il vostro lavoro pubblicato da qualcun altro. È come trovarsi davanti a un furto con scasso, ma al posto dei gioielli, spariscono le idee.
Il sistema della peer review: non sempre infallibile
A questo punto, potreste pensare: “Ma non c’è quel metodo chiamato peer review a proteggere la scienza da questi imbrogli?” Beh, sì e no.
La peer review è il processo attraverso il quale altri scienziati, esperti del settore, esaminano un articolo prima che venga pubblicato. Gli editori della rivista scientifica che ricevono l’articolo, ne assegnano la revisione a – di solito – tre scienziati noti ed esperti proprio in quel particolare campo del sapere. I tre scienziati revisori, analizzano il lavoro, cercano informazioni, controllano analisi e risultati, se possono replicano l’intero esperimento o trovano altre conferme indipendenti.
Possono anche interagire con l’autore, tramite la rivista e in modo completamente anonimo e controllato. Insomma, cercano di “falsificare” il lavoro dell’autore (ricordate l’articolo precedente?). Poi scrivono all’editore le loro conclusioni: il lavoro può essere pubblicato, rifiutato per una serie di precise e gravi carenze, oppure pubblicato solo se verranno modificate o completate alcune parti che hanno suscitato perplessità. Gli autori correggono, approfondiscono e sottomettono nuovamente il lavoro, sperando che stavolta sia accettato. Spesso ringraziano, perché se tre esperti di fama hanno cercato di falsificare l’esperimento, la teoria o le conclusioni e non ci sono riusciti, vuol dire che il lavoro è ragionevolmente solido. In teoria, questo è un ottimo sistema. Una vera e propria revisione fra pari. In pratica, però, ha dei limiti.
Per prima cosa, è un lavoro ingrato: spesso i revisori non ricevono alcun riconoscimento per il loro lavoro, che viene svolto come un servizio alla comunità stessa. Inoltre, la quantità di articoli da revisionare è in costante aumento, mentre il tempo a disposizione è sempre meno. Come se non bastasse, le ricerche sono sempre più complesse e difficili da riprodurre, il che rende il lavoro dei revisori un’impresa ardua. In altre parole, il sistema non è perfetto, e talvolta, qualcosa sfugge alle maglie della rete.
Riviste predatorie: il lato oscuro della pubblicazione scientifica
E poi ci sono le cosiddette “riviste predatorie”. Questi sono finti giornali scientifici che, a differenza delle riviste rispettabili, accettano praticamente qualsiasi articolo, purché l’autore paghi una tariffa di pubblicazione. Queste riviste cercano di penetrare nel settore scientifico – e anche fra i giornalisti a caccia di scoop – perché sono pubblicate gratuitamente. I costi sono a carico di chi propone l’articolo, non dei lettori. Per questo, gli editori non effettuano una vera peer review: più pubblicano articoli e più guadagnano. Spesso pubblicano articoli di bassa qualità o addirittura fraudolenti senza il minimo controllo dei contenuti. È un po’ come quei siti web che vendono lauree: il pezzo di carta c’è, ma non vale nulla.
Come la comunità scientifica combatte la frode
Fortunatamente, la comunità scientifica non è rimasta a guardare.
Ci sono diverse iniziative internazionali per combattere la frode e promuovere l’integrità della scienza. La Dichiarazione di Singapore sull’integrità della ricerca, ad esempio, stabilisce una serie di principi e responsabilità che i ricercatori devono seguire per mantenere l’onestà e la trasparenza nella scienza. Con lo stesso obiettivo, in Italia, il CNR ha pubblicato le Linee guida per l’integrità della ricerca, che mirano a promuovere buone pratiche e prevenire comportamenti scorretti.
Inoltre, nuove tecnologie e metodi di analisi dei dati stanno rendendo più facile la scoperta delle frodi. Algoritmi avanzati e applicazioni di intelligenza artificiale possono analizzare enormi quantità di pubblicazioni per identificare schemi sospetti. E le piattaforme di condivisione dei dati stanno rendendo più semplice la verifica indipendente dei risultati scientifici.
Il metodo scientifico: tentativi, errori e correzioni
Nonostante i suoi difetti, il metodo scientifico rimane il miglior strumento che abbiamo per comprendere il mondo e migliorare le nostre vite. È un sistema costruito sulla trasparenza, sulla ripetibilità e sulla correzione degli errori. Anche quando qualcosa va storto, come nel caso delle frodi scientifiche, il metodo scientifico è progettato per rimediare, per auto-correggersi. È un processo che, come abbiamo visto, può essere lento e imperfetto, ma è l’unico che ci permette di progredire davvero.
E questo progresso non è solo una questione di scoperte accademiche o di nuovi gadget tecnologici. È la chiave per affrontare le sfide globali più urgenti, come quelle poste dagli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile. Che si tratti di combattere la povertà, migliorare la salute globale, o proteggere l’ambiente, il metodo scientifico è il nostro alleato più potente.
Quindi, la prossima volta che sentirete parlare di una scoperta scientifica rivoluzionaria o di un nuovo studio, ricordate che dietro c’è un processo che, nonostante i suoi difetti, è costruito per portarci sempre un passo avanti. La scienza non è perfetta, ma è il miglior strumento che abbiamo per costruire un futuro migliore, e per questo vale la pena di continuare a fidarsi e a investire nel suo progresso.