Supponete di avere un blog, un vostro speaker’s corner nel quale scrivete dei vostri progetti (anche professionali). Nel corso degli anni questo blog è diventato molto conosciuto e rappresenta lo strumento con cui esprimete le vostre opinioni, anche in merito all’attualità, attraverso il quale lanciare provocazioni e spunti di riflessione. Il vostro blog rappresenta anche il luogo di confronto con amici e – più in generale – con le migliaia di visitatori interessati ai temi che trattate.
Poi, all’improvviso, una mattina vi svegliate e il blog è irraggiungibile, senza nessuna comunicazione preventiva e senza alcuna (apparente) ragione.
È quanto è accaduto a Gianluigi Cogo che questa mattina ha avuto una sorpresa: chiunque digitasse l’indirizzo del suo blog www.webeconoscenza.net visualizzava una schermata che diceva che il sito non era più raggiungibile.
Infatti, i gestori della piattaforma WordPress.com (su cui è ospitato il sito di Cogo) hanno unilateralmente (e senza alcuna preventiva comunicazione) deciso di oscurarlo per una presunta violazione dei termini e delle condizioni d’uso che non veniva meglio specificata.
Il titolare del sito ha subito scritto a Auttomatic (il soggetto che gestisce la piattaforma WordPress.com) per conoscere le ragioni della decisione e reclamare per l’ingiusto trattamento.
Solo dopo qualche ora, un operatore ha scritto a Cogo spiegando che il suo sito era stato vittima dei controlli automatici contro lo spam e riattivava il blog, scusandosi per l’inconveniente.
Tutto a posto, quindi? Non proprio.
Quanto accaduto a Webeconoscenza.net è sicuramente grave, non solo per il danno che provoca al titolare (il quale proprio in questi giorni sta presentando la sua ultima fatica editoriale), ma perchè è sintomatico di quello che sta diventando la Rete. Un Web, e non è affatto retorica, in cui la libertà di espressione è sempre più a rischio e la parola “censura” non deve sembrare azzardata.
E quando non ci si mettono i legislatori che (non solo in Italia), con la scusa della sicurezza e della protezione del diritto d’autore, provano a comprimere in modo esagerato la libertà di manifestazione del pensiero, ci pensano i fornitori di servizi.
Molto spesso, purtroppo, utenti ignari sottoscrivono e accettano clausole contrattuali a dir poco abnormi. Basti pensare proprio ai termini di servizio di WordPress.com che testualmente prevedono:
2 – Responsibility of Contributors. […] Automattic has the right (though not the obligation) to, in Automattic’s sole discretion (i) refuse or remove any content that, in Automattic’s reasonable opinion, violates any Automattic policy or is in any way harmful or objectionable, or (ii) terminate or deny access to and use of the Website to any individual or entity for any reason, in Automattic’s sole discretion. Automattic will have no obligation to provide a refund of any amounts previously paid.
15 – Termination. Automattic may terminate your access to all or any part of the Website at any time, with or without cause, with or without notice, effective immediately.
In poche parole, Auttomatic si riserva il diritto di sospendere l’accesso al sito (e, in generale, l’erogazione del servizio) senza comunicazione preventiva e senza che possa esserci una motivazione; naturalmente – chissà perchè – le regole cambiano se invece che un account free l’utente abbia sottoscritto un account VIP (cioè a pagamento).
Del resto, quella capitata a Cogo non è un’eccezione: qualche anno fa, sempre WordPress.com censurò temporaneamente un altro blog italiano in cui veniva criticata la campagna pubblicitaria di un noto brand.
E allora, a prescindere da eventuali cause, vale la pena riflettere sulla massima (che gli avvocati conoscono bene) per cui “prevenire è meglio che curare” e diventare utenti responsabili.
L’impressione è che spesso, seguendo le mode e fidandoci dei fornitori più accreditati, abbiamo avallato prassi contrattuali scorrette.
Forse, è giunto il momento di premiare quei provider che, nel rispetto della legge, forniscano all’utente le maggiori garanzie possibili, che – di fronte ad una contestazione – mettano il cliente in condizione di replicare, invece di mortificare la loro libertà di espressione. Questo significa prendere l’abitudine di leggere attentamente le condizioni d’uso (quanti lo fanno?) e, quando ci si imbatte in clausole simili a quelle di WordPress.com, evitare di pensare “tanto a me non capiterà mai” o “io non parlo mai male di nessuno”. Perchè, come dimostra quanto accaduto a Webeconoscenza, solo così possiamo difendere la nostra libertà di manifestazione del pensiero da censori improvvisati, clausole scritte da consulenti troppo zelanti e algoritmi poco intelligenti.