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Mi arrivano. Di continuo. Mail con offerte di servizi o con richieste varie da parte di sedicenti guretti 2.0, scritte in una lingua che solo con una notevole dose di ottimismo si può identificare come “italiano”. E poi tweet o status di Facebook, in cui gli accenti sono messi a caso o latitano del tutto, “po’” è scritto in tutte le maniere tranne che in quella giusta, l’ortografia di “qual è” è declinata nei modi più creativi, per non parlare delle concordanze che vanno a farsi benedire e la sintassi che è dispersa peggio di una missione suicida in Iraq. Davanti a tale strage, ho una sola reazione: non leggo neppure, cestino.

Quando lo dico, alcuni mi rispondono: «Ma è perché tu sei prof!», e segue una piccola scrollata di spalle, come a sottintendere “Di queste cose sei la sola che ti preoccupi”. Invece no, cari miei. Vi stupirebbe il numero di persone normali- vale a dire non noiosi insegnanti di lettere alle medie – che hanno ancora, e nonostante tutto, una buona formazione culturale ed ortografica, e si sentono offesi – ma mortalmente offesi, diciamo come se gli aveste pestato un callo – nel riceve testi grammaticalmente, ortograficamente e sintatticamente scorretti e precari, soprattutto se i mittenti dei testi medesimi, poi, si offrono come curatori di pagine web, e quindi come gente che i testi li deve scrivere.

Ma anche il vip su twitter rischia gustose scivolate, non solo perché alcuni (e alcuni che, incomprensibilmente, pubblicano anche libri e fanno i giornalisti) riescono a condensare in 140 caratteri una quantità di errori ortografici e sintattici che se fossero in classe mia non arriverebbero all’esame di licenza, ma perché, quando qualche retweet glielo fa notare, rispondono piccati e s’infuriano, gridando al linciaggio mediatico nei loro confronti; perché far notare che ha cannato un condizionale o non sa scrivere correttamente una parola, al vip sembra un atto di lesa maestà, oppure un puntiglio da barbogi rompiballe.

Be’ no. Siamo un paese culturalmente massacrato, dove per anni l’ignoranza l’ha fatta da padrone e persino nelle scuole è passata, grazie ad una fraintesa pedagogia “moderna”, l’idea che l’ortografia e la grammatica fossero inutili, castranti e illiberali. Nonostante tutto questo, e alle volte me ne stupisco persino io, c’è uno zoccolo duro di persone che ha imparato a scrivere correttamente e a leggere altrettanto correttamente, scrive “dà” con l’apostrofo e “fa”, “fu” e “sto” senza, e pretende, come requisito minimo, che gli altri facciano altrettanto.

Siccome quasi tutti questi custodi della grammatica di solito sono quelli che fanno carriera anche nelle aziende e poi occupano i posti di dirigenza (perché la grammatica è logica, e persino in Italia non fai carriera davvero se non sei in grado di scrivere correttamente e comunicare altrettanto correttamente quello che pensi), e poi sono anche quelli che navigano in internet compulsivamente e sono curiosi di nuove cose, per cui sperimentano, interagiscono e comprano via web, caro il mio ragazzo/a che vuoi fare l’esperto di social media, il content curator per pagine web, o il cavolo di nuovo titolo che inventeranno per indicare quello che scrive i testi su internet, sappi che, se vuoi farti assumere e poi fare breccia in questa nicchia di pubblico che ama chi scrive correttamente, dovrai fare quello: imparare a scrivere correttamente, non sbagliando l’ortografia delle parole più semplici, stando attento agli accenti, coniugando i verbi come vanno coniugati e impostando la frase secondo le regole della sintassi. Sennò il tuo destino è segnato. Il cestino ti attende.

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