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O meglio, per continuare a farsi del mare. Come ho scritto in un tweet che mi ha fatto defolloware, immediatamente, da alcuni sostenitori del PD. Uno di questi mi ha mandato un’email per spiegarmi che il mio era “alto tradimento” perché, in quanto docente di comunicazione sono un addetto ai lavori; di conseguenza i danni per la “causa della sinistra” e per il “partito” sono ben maggiori. E poi perché non era la prima volta.

La distanza tra Quotidianità e Apparati. Sì, in effetti, non è la prima volta che mi esprimo in termini critici nei riguardi della comunicazione del PD. Ma non è neanche la prima volta che la comunicazione del PD lascia sconcertati. Avete presente la comunicazione in occasione del tesseramento 2012? Quella che ho definito delle “divergenze parallele”: l’Italia era rossa e andava da una parte e il 2012 era verde e andava da un’altra. Ecco ebbi il torto di farla notare, la singolare metafora.

La verità è che non mi rassegno alla pervicacia con la quale il PD non riesce a fare emergere nelle campagne quello spirito di partecipazione e solidarietà che è ancora patrimonio di molti tra i suoi aderenti: avete presente i sindaci del terremoto, la capacità degli emiliani di riorganizzare i servizi essenziali, gli eventi creati contando solo sul volontariato di base, la voglia di risollevarsi comunque? Bene, di tutto questo non si riesce a cogliere traccia. Quello che si percepisce è l’Apparato e la sua distanza dalla quotidianità delle Persone: i manifesti enfatizzano frammenti di un documento dell’ultima Direzione Nazionale del Partito.

Quando manca il cuore. Non intendo fare un’analisi professionale della campagna. Preferisco parlare di percezione di questo tipo di comunicazione con la quale, on line e off line, non si entra in sintonia. I manifesti li ho visti su una pagina Facebook del Partito su segnalazione di un amico: ho letto le reazioni in Rete, ho mostrato su tablet i manifesti a rappresentanti di fasce generazionali molto diverse. Le reazioni sono largamente negative, perfino spietate: “Roba vecchia”, “Parole consumate e colori sbiaditi. Tutto polveroso, come loro”, “Mi ricorda i manifesti durante la guerra”, “Pistacchio, crema e melone”, “Manca il cuore, noi non parliamo così (molto stigmatizzata l’affermazione: mi candiderò per ricavare governabilità dalla partecipazione)”, “Un elenco di problemi, non hanno un’idea che sia una in testa”, e così via.

Il Modello comunicativo resta trasmissivo. Non entro approfonditamente nel merito delle scelte grafiche, anche se la declinazione monocolore del logo su fondo rosso oggettivamente lo appanna e l’uso del grassetto risulta pesante (anche per questo “Tocca a Noi!” viene percepito da alcuni addirittura come minaccioso). Su altri aspetti non entro, perché lo farei a gamba tesa: non so come sia stato condotto il briefing, quale sia stato il mandato, quali fossero i vincoli dati all’agenzia. Sotto il profilo della strategia mi pare evidente che si sia voluto cambiare il tono di voce rispetto alla campagna del tesseramento: sono spariti i faccioni di talora improbabili amici e l’informalità un po’ affettata del linguaggio. Purtroppo è sparita anche la “gente” e il suo linguaggio, il suo modo di fare politica con i gesti della quotidianità sostituita dal Verbo del (segretario del) Partito che, trasportato fuori contesto, suona distante, enfatico, involuto.

Fai un Manifesto di sinistra! Che senso ha usare i Social Network come strumento broadcast, non sarebbe più nello spirito dei tempi dare spazio prima alla raccolta d’idee e contributi per costruire poi una campagna condivisa nei valori, nei messaggi, nelle priorità? Insomma cercare di intercettare in maniera mirata la sensibilità e gli umori del pubblico al quale si vuole parlare. Mi viene da parafrase Moretti: “Forza PD, fai un Manifesto di sinistra!”. Mi limito a un “Provaci ancora PD!”. E fallo comunicativo: non un manifesto che parla “a”, ma un manifesto che parla “con”. Guarda a quello che è capace di fare in situazioni difficilissime la tua gente, ai suoi gesti coraggiosi, alle sue solidarietà istintive, alle sue parole misurate. Spiegagli perché dovrebbe sceglierti ancora, perché – e lo sai – ti vota sempre più dolorosamente. E spiegaglielo con un tono confidenziale e piano, come si parla con gli amici, non con l’enfasi imperativa di quel grassetto pesante ed esclamativo, che ha echi storici che davvero dovrebbero esserti estranei. Definitivamente.

SCRITTO DA Marco Stancati

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