Un vero e proprio terremoto linguistico starebbe verificandosi online. Da qui a tre anni la maggioranza dei cybernavigatori non parlerà più inglese ma il cinese. Lo rivela un rapporto dell’Onu: Lo stato della banda larga 2012, pubblicato in occasione della 67esima Assemblea Generale dell’Onu, che fotografa i livelli di accesso a Internet nel mondo: “La banda larga è una tecnologia capace di provocare progressi sui tutti e tre i pilastri dello sviluppo sostenibile: prosperità economica, inclusione sociale, sostenibilità ambientale“, ha detto il segretario generale dell’Onu Ban Ki-moon.
Il mondo di Internet è attualmente un mondo poliglotta: i servizi di Linkedin sono disponibili in 17 lingue, Twitter in 21, Google Translate ne offre 63, Facebook 70 e Wikipedia addirittura 285, ben più dei 193 paesi rappresentanti alle Nazioni Unite. La World Wide Web è cruciale per proteggere lingue a rischio di estinzione (l’Unesco sta lavorando a un Atlante delle lingue in pericolo) ma al momento l’inglese domina ancora con il 27 per cento dei cybernavigatori. Secondo l’Onu per poco: il cinese lo insegue a ruota con il 24 per cento, davanti a spagnolo (8 per cento) giapponese (cinque per cento), portoghese (4 per cento), francese, tedesco, arabo e russo (tre per cento), coreano (due per cento).
Un terzo del mondo usa Internet ma per l’Onu non è abbastanza. “Internet a banda larga dovrebbe essere accessibile a tutti”, ha detto alla Broadband Commission dell’Onu Carlos Slim, il miliardario messicano e l’uomo più ricco del pianeta secondo Forbes: “Essere connessi è cruciale per avere accesso alla conoscenza e la Commissione Banda Larga sta lavorando per permettere di arrivare a un accesso universale nel 2015“. Secondo Slim il modo più plausibile per conseguire questo obiettivo sarà attraverso smartphone e tablets. Attualmente hanno almeno uno smartphone 15 abitanti su cento del globo, una percentuale che sale a uno su due negli Stati Uniti e la tendenza è in deciso aumento.