L’acquisizione del Washington Post, storico quotidiano americano fondato nel 1877, da parte di Jeff Bezos, fondatore di Amazon, ha di fatto creato un vero terremoto nel mondo dell’Editoria. La notizia ha fatto il giro del mondo e ha subito acceso molti dibattiti attorno a quello che sarà il nuovo corso della storica testata, capitanata stavolta non più dalla famiglia Graham, ma da quello che ha creato un vero e proprio impero attraverso Internet.
Nella lettera che ha inviato ai dipendenti, Bezos ha tranquillizzato tutti sostenendo di non voler stravolgere gli equilibri all’interno del giornale, ma di voler inventare qualcosa di nuovo, quindi sperimentare: “We will need to invent, which means we will need to experiment“. E il dibattito si concentra proprio su quale direzione prenderà il nuovo corso del giornale che finora ha fatto registrare piuttosto trend negativi. Certo la curiosità è tanta anche se si pensa che solo nel 2012 in un intervista ad un quotidiano tedesco, Berliner-Zeitung, lo stesso Bezos sosteneva che la carta stampata sarebbe sparita entro 20 anni.
Di fronte all’ammissione da parte di Bezos di non voler stravolgere il WAPO, confermando anche il direttivo attuale, molti vi leggono una chiara e semplice attività di lobbying. In sostanza Bezos avrebbe sborsato di tasca sua 250 milioni di dollari (poco meno di 190 milioni di euro) solo per rendersi simpatico a quale potente gruppo di pressione. A questo punto abbiamo voluto chiedere a giornalisti ed esperti del settore un loro parere a riguardo e le loro opinioni sono diverse e interessanti.
Riccardo Luna, giornalista, scrittore e profondo conoscitore del web, ex e primo direttore della versione italiana di Wired e oggi alla guida di “Che Futuro!“, si sofferma sul prezzo e su quello che oggi servirebbe ai giornali:
Ci sono tante cose che colpiscono della vicenda Bezos-WP. La più evidente è il prezzo: se il WP vale un quarto di Waze o di Instagram vuol dire che il mondo è cambiato molto di più della rappresentazione che ne diamo tutti i giorni sui giornali. E forse anche per questo i giornali, grandi giornali come il WP, valgono meno di una app. La seconda è una intervista che Bezos ha dato un anno fa nella quale ha detto che fra venti anni non ci saranno più giornali di carta. Visto che non credo che abbia cambiato idea sul punto, vuol dire che proverà a cambiare i giornali portandoli nel futuro. “non c’è una strada segnata” ha detto nella lettera ai dipendenti – “L’unica cosa da fare è sperimentare”. E’ esattamente ciò di cui hanno bisogno i giornali adesso.
Mariano Sabatini, giornalista e scrittore, conoscitore della televisione, della radio e anche di Internet, sottolinea la grande responsabilità che dovrà assumersi da ora Bezos:
“La carta stampata vive una stagione grigia: le grandi come le piccole testate, gruppi editoriali che assomigliano ad imperi così come gli editori indipendenti devono misurarsi con una emorragia di pubblicità senza pari. Non può lasciare indifferenti il fatto che anche la famiglia che tradizionalmente editava il WP abbia mollato per cedere il passo ad un imprenditore desideroso di fare cassa, prima coi libri ed ora con un quotidiano storico, autorevole, indipendente. Un patrimonio che va preservato e rilanciato, quello del WP. E’ una bella responsabilità per Jeff Bezos che avrà da subito gli occhi del globo puntati addosso.”
Pier Luca Santoro, esperto del web e dei nuovi media, ma profondo conoscitore dell’old media, sottolinea che l’arrivo di Bezos potrà risollevare le sorti economiche del WP grazie proprio alle sue note competenze:
“Il WP è stato pagato due volte il suo fatturato. Se il prezzo è alto, nonostante le ironie fatte sul fatto che valga la metà di Messi ed altro ancora, la sfida lo è ancora di più. Tra i primi 10 quotidiani statunitensi il WP è quello più saldamente ancorato alla carta in termini di circulation, di vendite di copie. Sicuramente in prospettiva una buona fetta delle possibilità di recuperare ricavi e margini per i quotidiani è legata all’introduzione dell’e-commerce. Da questo punto di vista l’expertise di Bezos è ovviamente prezioso ed importante. Il WP si scontra non solo con i quotidiani USA ma con altri brand, penso a The Economist o al The Guardian. Nei prossimi tre anni riuscire a frenare la caduta del WP, recuperare marginalità e stabilizzare il giornale sarebbe già un successo; non credo ci si possa attendere altro nel breve-medio periodo.”
Jacopo Tondelli, giornalista, ex-direttore del quotidiano online Linkiesta, evidenzia che questa acquisizione è il segno dei tempi che viviamo:
“Penso che questa acquisizione più di altre sia il segno dei tempi: un grande imprenditore di internet, uno degli uomini simbolo del boom della rete, compra per una cifra piccola (se confrontata col suo patrimonio) un colosso del giornalismo, il tempio dell’investigazione dai tempi del watergate. Difficile credere che lo faccia “per far soldi”, dato che qualunque strategia di successo porterebbe ricavi marginali per chi ha un patrimonio di 20 miliardi. Mi piace pensare che sia un “gesto romantico”, e non invece – come è naturale malignare – una mossa che ha finalità puramente lobbystica. Quanto alle teorie sulla fine della carta, ora Bezos potrà confrontarle con la realtà di uno dei più importanti quotidiani del mondo, e potrà capire (meglio di chiunque altro) quanto un’era agli sgoccioli non ne apre necessariamente una nuova. Se c’è qualcuno titolato a studiare modelli di business sulla rete, tuttavia, questo è Bezos. Se contribuisce a trovare la strada, ne beneficeremo tutti.”
Infine, Vittorio Zambardino, giornalista, in un suo articolo per Wired scrive che tutto sommato Jeff Bezos non sarebbe la risposta giusta per risolvere i problemi odierni che affliggono il giornalismo:
“Il giornalismo lo salva Jeff Bezos? Scompare una figura da noi mai conosciuta, ma presente negli States. L’editore puro (sì conosco le eccezioni italiane, il caso del Fatto, forse Paolo Ainio). Ma un padrone tecnologico non è meglio di un macellaio che fa salsicce. Possedere dati è come possedere calciatori – è la forma proprietaria che fa la qualità della presenza, con qualche conseguenza interessante per il WP sul piano della catena distributiva, che però non è mai la rivoluzione. E che soprattutto non si occupa di qualità della notizia. Meglio non farsi abbagliare dalla conquista della cittadella imperiale del giornalismo mainstream. L’impero è caduto da tempo, questi arrivano perfino tardi.
Sarà salvo un giornale, ma il giornalismo è sempre più nudo nella tempesta.”
Insomma, pareri diversi che tuttavia mettono in risalto l’esigenza di provare nuove strade, nuovi modi di guardare la realtà di oggi. Riuscirà Bezos nella sua impresa?
E voi che ne pensate?