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telegramL’innovazione a tutti i costi non necessariamente fa bene. Anche se fa notizia. E soprattutto quando si parla di innovazione all’amatriciana, che in realtà non è innovazione ma uso più o meno sensato (di solito meno) di strumenti nuovi, possibilmente “cool”. Anche (e soprattutto) quando non servono o sono peggiori di altre soluzioni più consolidate, ma meno “di scena”.

E se questo è vero in generale, è tanto più vero quando si parla di gestione delle emergenze.

Per questo motivo mi sembra particolarmente nefasta la proposta del Digital Champion italiano che, in conferenza stampa e poi in un post sul sito della sua associazione, propone al Comune di Genova di usare Telegram per la gestione dell’allerta meteo al posto degli SMS. Per risparmiare.

Proposta che ovviamente viene data dai giornali per operativa. Ed è quindi tutto un titolare che Genova gestirà le emergenze con Telegram.

Enrico Alletto – il Digital Champion(…s) di Genova – si è detto esterrefatto ed allibito per come la stampa ha dato la notizia per buona e deformato l’informazione trasformandola da proposta a progetto in essere. Nessuno, al Comune, ha detto che userà una soluzione simile.

E meno male, bisogna aggiungere. Usare (solo) Telegram per la gestione delle allerta meteo non sarebbe sbagliato: sarebbe criminale. Perché? Qualche motivo in ordine sparso:

  • per usare Telegram serve una connessione dati. Quindi se non hai un piano dati, niente allerta (per la gioia degli operatori);
  • serve uno smartphone sul quale si possa installare. Quindi se hai un featured phone sei fregato;
  • è necessario l’elenco dei numeri di telefono degli utenti ai quali inviare l’allerta. Ergo se non sono di Genova e mi trovo a Genova per caso sono fregato ugualmente. Come pure, se sono di Genova ma in vacanza a Tokyo, forse non mi serve di sapere che sta piovendo a 9.000 chilometri da dove sono.
  • Ah, serve anche Telegram. E serve che in quel momento Telegram funzioni. Ma di tutti i problemi quest’ultimo è forse il minore.

Insomma: per chiunque capisca un pelo di tecnologia l’utilizzo (soprattutto se sostitutivo degli SMS) di Telegram per la gestione di un tema delicato come le allerta meteo sarebbe una pericolosa sciagura. Forse anche per Riccardo Luna – che di tecnologia ne capisce (è il Digital Champion italiano, che diamine!) e nel suo post si preoccupa di specificare “l’ho proposto. Non so se sarà fattibile, magari troveremo una terza via ancora migliore”. Come a dire: “l’ho buttata là, vediamo che succede”. Intanto l’attenzione dei giornali l’abbiamo ottenuta.

Ora, al di là del fatto che se dici “ancora migliore” dai per scontato che Telegram è già di per sé migliore della soluzione attuale (cosa che non è: gli SMS possono essere inviati in modalità broadcast a tutti i telefoni presenti in una cella specifica) è opportuno evidenziare come una proposta del genere, indipendentemente dal fatto che venga accettata, è dannosa di per sé.

Siamo in un paese ed in un momento che – per dirla alla Facebook – vive con la tecnologia “una relazione complicata”. Va bene volgarizzarla per diffondere cultura, ma a banalizzarla si rischiano più danni di quanti non se ne risolvano. L’impressione è che in questi mesi, più che diffondere l’uso consapevole della tecnologia, ci si stia preoccupando di banalizzarla, facendo passare il concetto per il quale è tutto semplice, è tutto possibile, è tutto disponibile. Basta volerlo. Come se tutti fossimo in un grande ed allegro social network che dischiude infinite possibilità e che consente di risolvere ogni problema con tre click. Se poi non è vero pazienza: l’annuncio è stato dato. Peccato che i problemi non si risolvano con gli annunci: servono competenza, conoscenze ed esperienza per affrontarli. Peccato che le persone su Facebook ci sono già, ma invece di usarlo per il loro lavoro giocano a FarmVille, perchè questo sanno fare. Quello che serve non è diffondere un uso superficiale delle tecnologie, ma far capire che lo sviluppo di processi di innovazione è qualcosa che richiede attenzione e consapevolezza. Il Digital Champion che afferma candidamente “l’ho proposto, non so se sarà fattibile”, lo fa in presenza di un Sindaco che – legittimato (forse) nel non capirne un acca di tecnologia – rischia di prenderlo sul serio, e di fare scelte sbagliate, in questo caso potenzialmente pericolose. E lo stesso vale per le migliaia di individui che – fatte salve le decine e decine di professionisti che appartengono all’associazione di Luna e che sono indiscutibilmente competenti – si muovono per i Comuni italiani con una carica pseudo-istituzionale e con la grazia di un elefante in una cristalleria.

Il Digital Champion sta facendo molte cose positive, nessuno lo mette in dubbio. Tuttavia la dimensione di storytelling con la quale sta caratterizzando il suo operato va sostanziata con una narrazione che prenda in considerazione la complessità dell’universo nel quale questo paese deve entrare. Un’azione di divulgazione non è mai neutra. Per avere effetti positivi, nel nostro caso, la narrazione deve trasmettere l’idea della complessità sottesa al contesto di cui si occupa. Altrimenti da una parte rischia di essere dannosa, dall’altra ci da la garanzia che non supereremo mai la fase dell’effetto annuncio. E non possiamo (più) permettercelo

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