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Ottimizzazione. Già solo a sentirlo, il termine, è di quelli che fan venire l’orticaria. Ottimizzazione. Se avete un sito aziendale (persino uno personale) prima o poi la terribile mail dell’aspirante “ottimizzatore” vi arriverà. Un tizio che si presenta come un esperto di SEO e comincia a spiegarvi che è in grado, grazie all’ottimizzazione – una procedura magica di cui lui è il sacerdote officiante – di posizionare in men che non si dica il vostro sito ai vertici delle ricerche di Google.

L’ottimizzazione, in realtà, è una procedura meccanica legata al fatto che i motori di ricerca, per quanto sofisticati, sono tendenzialmente stupidi. Non sono minimamente in grado di fare quello che un essere umano fa in automatico, cioè leggere un contesto. No, il motore di ricerca legge solo i caratteri, cioè le parole, nel migliore dei casi i mozzichi di frase. Quindi se a lui date da cercare una qualsiasi parola, sia essa “calza” o “automobile” vi sciorinerà immediatamente tutti i centinaia di migliaia di siti in cui questa parola si trova, senza altro filtro, a meno che voi non lo impostiate, che la presenza di queste parole nel sito stesso.

Chi scrive per internet deve conoscere l’esistenza dell’ottimizzazione, soprattutto se scrive per un sito aziendale. Perché è inutile creare una fantastica pagina sui nostri prodotti se poi però ci dimentichiamo di infilarci dentro proprio quelle parole chiave che gli utenti, soprattutto i più sprovveduti, useranno per trovarci. I problemi, e soprattutto le cadute nella comicità involontaria, avvengono quando il curatore del sito aziendale scrive solo con in testa le ferree leggi dell’ottimizzazione. Con il risultato di produrre post e comunicati che in realtà sono scritti in una lingua improbabile, e forse nemmeno umana, che sarà ottimizzata per Google, ma è incomprensibile a qualsiasi altro essere pensante.

Come sempre la virtù sta nel mezzo, dato che è importante che i nostri testi siano ottimizzati per favorire le ricerche tramite motore di ricerca, sì, ma è altrettanto importante, e forse di più, che quando vengono trovati l’utente sia in grado di capirli. Altrimenti puoi essere “ottimizzato” quanto vuoi, ma il cliente scappa.

In realtà le leggi dell’ottimizzazione non sono leggi del web, ma della buona vecchia retorica antica, quella disciplina che gli antichi Greci e Romani praticavano e che serviva a insegnare come scrivere efficaci testi comunicativi. La prima legge dell’ottimizzazione, infatti, non l’ha scritta un guru di internet ma Catone il Censore, politico romano conservatore così contrario all’adozione di novità a Roma ai tempi suoi che sospettava persino della cultura greca, e pertanto immaginate cose potrebbe pensare oggi di internet. Eppure questo avvocato Romano tutto d’un pezzo, nipote di porcai e giunto in Senato dalla sua tenuta in Ciociaria, aveva intuito una fondamentale regola quando si scrive un testo: tene rem, verba sequuntur. Che equivale a dire: “Tieni bene a mente quello che vuoi dire, il concetto, poi le parole ti vengono.”

Ecco, la prima legge, forse l’unica, dell’ottimizzazione anche per il web sta tutta qua: decidi cosa vuoi dire, tieni presente cosa vuoi spiegare, e stai tranquillo: le parole giuste, anche per farsi trovare da Google, poi ti vengono, perché siccome tu conosci la rem di cui parli, se la spieghi bene inserire le parole chiave che la descrivono bene ti verrà istintivo. Per cui, manager o imprenditore che devi scrivere un comunicato per il tuo sito, ricorda questo: l’importante è che il testo sia chiaro, corretto e spieghi in maniera semplice e diretta cosa fa la tua azienda o le qualità del tuo specifico prodotto.

Se lo hai scritto rispettando le vecchie regole di Catone, sarà automaticamente ottimizzato anche per Google e i suoi fratelli. Poi a trovarti con le parole chiave non ti preoccupare, ci penseranno loro.

È il loro mestiere, dopotutto.

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