È difficile capire se dia più fastidio la voce del neo-potente di turno che parla di cose che non sa, o il coro degli opportunisti in cerca di attenzione che di volta in volta gli danno ragione.
Certo è che, ogni volta che c’è un nuovo Governo, i nuovi governanti proprio non riescono ad evitare di parlare di cose delle quali non comprendono la natura e, di conseguenza, delle quali hanno paura. E naturalmente nulla fa più paura ai potenti della Rete: liquida (e quindi torbida), decentrata (e quindi insidiosa), in evoluzione (e quindi oscura). Insomma: pericolosa. E stavolta è stata niente di meno che la Presidente della Camera Laura Boldrini, ad aprire le danze. Come tanti altri prima di lei, si è accorta di internet e – per non saper nè leggere nè scrivere – ha deciso che così com’è non va bene. Va regolamentata. E ti pareva. Certo, la Presidente della Camera aggiunge “so bene che la questione del controllo del web è delicatissima“. meno male, almeno si rende conto della gravità di quello che dice. Ma prosegue “Non per questo non dobbiamo porcela“. Ecco appunto, come non detto: come dire, è un lavoro ingrato, ma qualcuno deve pur farlo.
E per metterci il carico da undici tira in ballo anche la questione di genere, cosa che, se fossi una donna, mi darebbe non poco fastidio: “le donne muoiono per mano degli uomini ogni giorno, ed è in fondo sempre considerata una fatalità, un incidente, un raptus. se questo accade è anche perché chi poteva farlo non ha mai sollevato con vigore il tema al livello più alto, quello istituzionale. Facciamolo, finalmente”. Quindi, stai a vedere che è tutta colpa di Facebook.
Nel merito della questione non entro, e mi limito a sottoscrivere parola per parola la lettera di Arianna Ciccone. Ma che noia: sono anni che giochiamo questo tiro alla fune contro l’incompetenza dell’ultimo arrivato, che non capendo la natura delle cose delle quali parla cerca di ridurle in termini a lui note, piuttosto che sforzarsi di capire. E visto che incompetenza e politica vanno spesso d’accordo, ci si ritrova a dover difendere ovvietà da questo pericoloso binomio politica/incompetenza prima che produca effetti (normativi) che – quelli si – potrebbero essere devastanti. Perché è mille volte più facile promulgare una norma – anche se inutile o, peggio, dannosa – che non comprendere come risolvere il problema. Ed il problema in questo caso non è che internet vada regolamentata, ma che la politica e le istituzioni dovrebbero preoccuparsi di temi come il digital divide culturale, la media literacy, la digital inclusion. Così, mentre l’Europa lavora e pensa anche a figure come il Digital Champion, noi le trasformiamo in onorificenze e mostrine da appuntare alla giacca, ed invece di guardare alla luna, che è lo sviluppo digitale del nostro Paese, guardiamo al dito, che è l’incapacità del nostro sistema paese di sviluppare quei percorsi cultuali e di crescita che facciano comprendere ai cittadini comuni – ma prima di tutto a quelli che ricoprono nostro malgrado cariche istituzionali – che non è un problema di leggi, che ci sono, ma di cultura, appunto. E la responsabilità politica del divario culturale nelle tematiche connesse al digitale non è certo della rete, ma di politica ed istituzioni che non capendola la combattono, invece che promuoverne lo sviluppo. Così, invece di parlare di cose serie, nel giorno in cui il Presidente del Consiglio presenta un Governo dove di temi come digital inclusion, agenda digitale ed innovazione non v’è traccia, la Presidente Boldrini non trova nulla di meglio da fare che non prendersela con Internet.
E per riparare ai danni di una dichiarazione improvvida che finisce su tutti i giornali, servono pagine e pagine di post dalle profondità della coda lunga. Ma la rete è anche questo.