I formati standard dei documenti sono fondamentali in un mondo in cui le tecnologie digitali rappresentano ormai l’unica modalità di creazione e di scambio dei documenti stessi, perché sono gli unici in grado di garantire l’interoperabilità, ovvero lo scambio trasparente senza perdita di informazioni (stesso contenuto e aspetto visivo).
Naturalmente, se oltre a essere standard il formato è anche aperto, in modo tale da non rappresentare un vantaggio per l’organizzazione che lo ha sviluppato (ente o azienda), l’implementazione è più facile e i costi per la comunità sono più bassi.
Oggi esistono due formati standard e aperti dei documenti: Open Document Format (ODF), che è autenticamente standard e aperto, e quindi risponde alle specifiche e alle aspettative (tanto da essere stato adottato sia dalla Gran Bretagna che dalla Francia come unico formato per i documenti in ambito pubblico), e Office Open XML (OOXML), che ha con la definizione di standard lo stesso rapporto che il pollo spennato di Diogene aveva con l’uomo di Platone.
Platone, infatti, aveva descritto l’uomo come un bipede senza piume, scatenando la reazione di Diogene il Cinico che si era presentato di fronte all’Accademia con un pollo spennato per dimostrare quanto la definizione del maestro fosse approssimativa e quindi aperta a qualsiasi interpretazione. I due, ovviamente, non immaginavano certo di anticipare di oltre 2000 anni il problema dei formati standard dei documenti, e di fornire un utile spunto di riflessione.
OOXML è il formato dei documenti di Microsoft Office a partire dalla versione 2007. In pura teoria, è un formato standard, visto che – nonostante i problemi che lo caratterizzano e che non avrebbero mai dovuto portare alla sua approvazione come standard (in questo ISO non ha fatto nulla di diverso da AgID di fronte alla lobby dei grandi vendor IT) – è stato approvato al termine di un processo che dimostra come al giorno d’oggi la potenza economica può tutto, in barba agli interessi degli utenti.
Il costo per la comunità che deriva dalla presenza di OOXML – e dalle attività di marketing che lo sostengono, con l’obiettivo di ritardare l’educazione degli utenti nei confronti degli standard – è difficile da valutare, ma è sicuramente superiore al fatturato Microsoft.
Questo significa che l’atteggiamento pilatesco di ISO, che avrebbe dovuto bloccare il processo di standardizzazione invece che lasciarlo nelle mani della contrapposizione tra IBM e Microsoft (come se le due aziende avessero il diritto di rappresentare la comunità degli utenti), ha creato un danno economico di dimensioni epocali, di cui nessuno dei diretti interessati è veramente consapevole.
E siccome tornare indietro nel processo di standardizzazione è impossibile, forniamo a tutti coloro che preferiscono genuflettersi di fronte ai grandi vendor piuttosto che avere una propria posizione indipendente – e magari scomoda – un’ottima scusa, visto che sulla carta anche OOXML è uno standard. Tanto, alla fine, chi sostiene il costo della mancata interoperabilità non sono certo loro, ma quelli che non possono protestare perché non hanno nemmeno la magra consolazione del pollo spennato.